Mark Zuckerberg è abituato a darsi degli obiettivi personali all’inizio di ogni anno. In passato, si era prefissato di imparare il cinese mandarino, leggere due libri al mese e incontrare una persona nuova ogni giorno. Uno degli obiettivi del 2016 era la creazione di un’intelligenza artificiale che potesse automatizzare la gestione della propria casa, ed è stata un’esperienza molto istruttiva.
Il nome, Jarvis, ricalca quello del supercomputer che fa da assistente personale al supereroe Iron Man (e probabilmente avrà nell’incarnazione di Zuckerberg la voce dell’attore Morgan Freeman).
Secondo quanto racconta nel suo post su Facebook: la costruzione di alcune parti è stata più semplice del previsto, mentre altre sfide si sono dimostrate inaspettatamente più difficili. “Il mio obiettivo era prendere conoscenza dello stato attuale dell’intelligenza artificiale. Dove l’evoluzione è più avanti di quanto molte persone credano, e dove invece siamo ancora distanti dall’obiettivo”, afferma Zuckerberg.
Jarvis è un semplice sistema di AI che utilizza la comprensione del linguaggio naturale, il riconoscimento vocale e facciale e l’apprendimento con feedback rafforzativo per controllare luci, temperatura, musica e dispositivi dei vari ambienti domestici, e sovraintendere alla sicurezza della casa.
Il riconoscimento facciale è utile anche per stabilire in quale stanza si trova il membro della famiglia che impartisce un comando, e rispondere quindi correttamente alla richiesta di accendere le luci o riprodurre della musica (Zuckerberg cita qualche incidente di percorso, per esempio quando ha chiesto di ascoltare della musica mentre si trovava in una stanza, e Jarvis la ha invece riprodotta nella stanza della figlia, svegliandola.
Uno degli aspetti cruciali per fare in modo che una IA interpreti correttamente i comandi e prenda le decisioni appropriate è il contesto. Più informazioni ha sul contesto, e migliori sono i risultati.
L’unico tostapane che può essere controllato da Jarvis è un modello degli anni ’50
Paradossalmente, uno tra i problemi più difficili da risolvere per Zuckerberg è stato che molti dispositivi e apparecchi domestici non siano smart e collegabili in rete, molti di quelli che lo sono usano linguaggi e protocolli diversi e proprietari, e anche cercando di adattare gli apparecchi con interventi hardware, ci sono stati ostacoli imprevisti. Per esempio, nonostante sia semplice accendere il tostapane al mattino usando un interruttore controllabile via rete, non è riuscito a trovare un modello che permettesse di inserire le fette di pane da spento. Ha dovuto rimediare con un tostapane degli anni ’50.
Per esempio, l’intelligenza artificiale di Zuckerberg è programmata per riconoscere i membri della famiglia e gli amici alla porta d’ingresso, aprire la porta e notificare a Mark l’arrivo delle persone. Può regolare luci e temperatura a una semplice richiesta vocale fatta da uno dei membri della famiglia. Può capire se la figlia è sveglia e si sta muovendo nel suo lettino, o se il cane è in soggiorno.
Il sistema, programmato in Python, Objective C e PHP, è in grado di imparare nuove parole e concetti, intrattenere la figlia Max con un po’ di musica e impartirle lezioni di cinese.
“Circa un terzo del cervello umano è dedicato alla visione, e ci sono molti problemi nel creare una IA che comprenda cosa accade utilizzando immagini e flussi video. Il riconoscimento facciale è un aspetto particolarmente arduo del riconoscimento di oggetti, perché le persone si somigliano molto più di due oggetti completamente diversi, come una casa e un panino. Facebook però ha compiuto notevoli passi avanti nell’identificare i volti, per esempio quando suggerisce gli amici da taggare nelle proprie foto, e questa esperienza è stata utilizzata per determinare se quelli che bussano alla porta sono i propri amici, e farli entrare in casa.
Zuckerberg considera invece un successo l’essere riuscito a comunicare con Jarvis attraverso un bot di Messenger, in modo da poter interagire con la casa ovunque si trovasse, nel giardino o dall’altra parte nel mondo, e non dover dipendere da dispositivi che si trovino negli ambienti per l’interazione.
“Posso inviare messaggi di testo a Jarvis, ma anche comandi sotto forma di clip audio, che il server traduce in testi ed esegue. Jarvis mi può mandare un messaggio se qualcuno è alla porta, o avvisarmi che c’è qualcosa che richiede la mia attenzione”.
Sebbene la sfida annuale sia quasi finita, Zuckerberg afferma di voler continuare a lavorare su Jarvis, aggiungendo nuove funzioni, connettendo più dispositivi e creando un’app per Android. “Sul lungo periodo, vorrei riuscire a fare in modo che Jarvis impari nuove abilità senza che lo si debba programmare per eseguire ogni compito specifico”, ha detto. “Se dovessi restare un altro anno su questo progetto, mi focalizzerei sull’imparare come funziona l’apprendimento”.
Fonte :ComputerWorld